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Michel Eyquem (1533-1592) nasce il 28 febbraio 1533 nel castello di Montaigne, nel Périgord (Sud-Ovest della Francia).
Il castello era stato acquistato dal bisavolo Ramon, e trasmesso al padre Pierre, che abbandonò il commercio per il mestiere delle armi.
Michel, terzogenito (ma unico superstite dei figli) nacque dal matrimonio con un’ebrea di origine spagnola, convertitasi al protestantesimo. Mandato a balia nel villaggio di Papessus, fu poi affidato alle cure di un precettore tedesco, Horstanus, che non conosceva la lingua francese, e insegnava a Michel il latino come lingua materna, secondo l’esperimento che il padre voleva tentare.
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A sei anni entra nel Collège de Guyenne a Bordeaux. Sotto la guida degli umanisti che ivi insegnavano, si appassiona ai classici latini. A tredici anni lascia il Collegio e prosegue gli studi a Bordeaux, Tolosa, Périgueux (dirittto, filosofia, dialettica). Per due volte si reca a Parigi
(1559 e 1562), dove frequenta lezioni di greco e di medicina. Nel corso del secondo viaggio presta giuramento di fedeltà alla religione cattolica, così come richiesto, in via precauzionale, a tutti i magistrati, a seguito dell’Editto di tolleranza (gennaio 1562) che consente libertà di culto agli ugonotti. Nel 1554, a trentun anni, aveva, infatti, ricevuto la nomina a Consigliere presso la Cour des
Aides (tribunale per le cause civili e penali in materia fiscale) di Périgueux, poi, al Parlamento di Bordeaux (al quale questa Corte viene incorporata nel 1557), mantenendo la carica medesima fino al 1570.Nel 1558 conosce Etienne de La Boétie, già Consigliere del Parlamento, profondo conoscitore delle lettere classiche, cui si lega di profonda amicizia. La Boétie morirà prematuramente il 18 agosto 1563, e Montaigne ne pubblicherà le opere a Parigi nel 1571, serbando di lui un profondo doloroso ricordo. Dopo la morte dell’amico, il 22 settembre 1565 sposa Françoise de la Chassaigne, figlia di un collega del Parlamento di Bordeaux, dalla quale avrà sei figlie: di esse gli sopravviverà solo Léonor, la secondogenita.
E’ al seguito dell’esercito del re (assedio di Rouen in mano ai protestanti) e compie missioni a corte, a Parigi, dove si trattiene a lungo. Nel 1568 muore il padre, e Michel ne eredita il patrimonio, divenendo Signore di Montaigne. Secondo un ultimo desiderio del padre, pubblica a Parigi, un anno dopo, la traduzione della Theologia Naturalis sive Liber creaturarum del catalano Raymond Sebond, cui dedicherà, poi, il celebre Capitolo XII del Libro II degli Essais (Apologia di Raymond Sebond). Nel 1571 si ritira a Montaigne, per dedicarsi ai diletti studi classici. Sulle travi della sua biblioteca (che, al secondo piano della torre angolare, contiene ben mille volumi) fa inscrivere celebri sentenze dei suoi autori prediletti. Partecipa ancora a episodi militari e a missioni: Enrico di Navarra lo nomina gentiluomo di Camera e Montaigne frequenta la corte di Margherita di Navarra, sorella di Enrico.
LA BIBLIOGRAFIA E' TRATTA DALL'OPUSCOLO STAMPATO (IMMAGINE SOPRASTANTE) DISTRIBUITO IN OCCASIONE DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE SU MICHEL DE MONTAIGNE DISPONIBILE PRESSO LA BIBLIOTECA COMUNALE A. BETTI DI BAGNI DI LUCCA
EDIZIONI MODERNE DELLE OPERE
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Les Essais, par F. Strowski et F. Gebelin, Bordeaux, F. Pech, 1906-1933, 5 voll
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Oeuvres complètes de Montaigne, par A. Armaingaud, Paris, Canard, 1924-41, 12 voll.
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Essais, par M. Rat, Paris, Garnier, 1942, 3 voll.
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Oeuvres complètes, par A. Thibaudet e M. Rat, Paris, Gallimard-Bibl. De la Pléiade, 1967.
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Journal de voyage, par F. Garavini, Paris, Gallimard, 1983.
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Journal de voyage, par F. Rigolot, Paris, PUF, 1992.
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Essais, par A. Tournon, Paris, Imprimerie Nationale, 1998, 3 voll.
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Les Essais, par D. Bjaï, B. Boudou, J. Céard et I. Pantin, sous la direction de J. Céard, Paris, Librairie Générale Française, 2001.
TRADUZIONI ITALIANE
DELLE OPERE
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Viaggio in Italia, a cura di I. Riboni, Milano, Bompiani, 1942.
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Saggi, a cura di V. Enrico, Roma, Casini, 1953.
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Giornale del viaggio di Michel de Montaigne in Italia, a cura di A. Cento. Prefazione di G. Piovene. Introduzione critica di G. Natoli, Firenze, Parenti, 1959.
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Saggi, a cura di F. Garavini, Milano, Adelphi, 1966.
Nel 1578 comincia ad essere tormentato dal mal della pietra (calcoli ai reni). Un male che non lo abbandonerà più, e che lo porterà, tra le tante stazioni termali di allora, anche, per due volte ai Bagni di Lucca. Nel 1580 pubblica a Bordeaux la prima edizione degli Essais, in due libri. Da Parigi, dove si è recato per
presentare i suoi Essais a Enrico III, parte per un viaggio in Italia, attraverso la Svizzera e la Germania. A Ferrara visita il Tasso; il 30 novembre raggiunge Roma, dove è ricevuto dal papa Gregorio XIII, nonostante che il Sant’Uffizio ordinasse il sequestro dei Saggi (messi, poi, all’Indice nel 1676). Il 5 aprile è insignito della cittadinanza romana.
Fra maggio e giugno 1581 e poi fra agosto e settembre passa le acque ai bagni della Villa, dove il 7 settembre lo raggiunge la notizia della nomina a sindaco di Bordeaux (due mandati, quattro anni). Tornato a Roma, parte di lì per raggiungere Montaigne il 30 novembre 1581.Nel corso del lungo viaggio detta e in parte scrive di suo pugno (in italiano) il Journal de Voyage non destinato alla pubblicazione, ma poi pubblicato nel 1774 da Meusnier de Querlon dopo il suo ritrovamento nella biblioteca di Montaigne da parte dell’abate di Prunis. Nel 1582 pubblica la seconda edizione degli Essais con aggiunte e senza i tagli a suo tempo richiesti dal Sacro Collegio Romano.
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Nel 1587 compone il terzo libro, e nel 1588 è a Parigi per curare la pubblicazione della quarta edizione, che comprende il terzo libro e ulteriori correzioni e aggiunte ai primi due. Tra altri impegni pubblici e politici, conosce a Parigi la giovane Marie. Le Jars de Gournay, appassionata lettrice degli Essais, ch’egli considerò (Capitolo XVII del Libro II) sua “fille d’alliance”, la quale curerà una nuova edizione dei Saggi nel 1595, nonché l’edizione definitiva del 1635.
Il 13 settembre 1592 muore nella cappella del castello di Montaigne: viene sepolto a Bordeaux nella Chiesa dei Feulliants.
I SAGGI
Lasciata la carica di Consigliere presso il Parlamento di Bordeaux, Montaigne, nel 1571, al compimento del suo 38° anno di età, fa incidere sulla parete del gabinetto di studio, attiguo alla biblioteca, al secondo piano della torre del suo Castello, un’iscrizione latina che enuncia le ragioni del suo ritiro dalla vita pubblica: libertà, tranquillità, ozio. Sono i tre valori fondanti di tutta la sua vita, che ne presuppongono un altro, la salute, il bene più prezioso degli umani.
Ozio, naturalmente alla latina: ritiro dall’attività pubblica, tempo libero da impegni civili, vita privata, pace (in tempo di guerre civili). Questa decisione gli consente di dedicarsi alla sua vita di gentiluomo di campagna, di completare e custodire la sua magione, di condurre le sue meditazioni attraverso l’assidua frequentazione dei suoi amati Classici, della sacre Scritture, nonché dei più rilevanti dei testi contemporanei: dalle opere dell’amico Etienne de la Boétie a quelle di Michel de l’Hospital, ma soprattutto le opere che, a ridosso delle grandi scoperte geografiche e dei viaggi che ne seguirono, gli rivelano la realtà del Nuovo Mondo. Queste letture che accompagnano il suo ozio sono condotte alla ricerca delle esperienze umane dei loro Autori, per saggiarle a fronte delle sue, senza mai dimenticareche ogni uomo porta in sé la forma intera dell’umana condizione.
Da questo continuo confronto nascono gli Essais. Nella dedica al lettore si leggono parole molto note: è me stesso che dipingo… sono io la materia del mio libro. Ma occorre sottolineare subito che parlare deliberatamente di sé stesso - fare uso, cioè, della propria persona - serve a prendere in analisi l’uomo, l’uomo in generale. La conoscenza di sé è intesa a scoprire la sua forma propria per ritrovarvi quella di ciascun uomo. In altre parole lo studio di sé ed il confronto con gli antichi e nello stesso tempo con gli uomini del “nuovo mondo” (i cosiddetti selvaggi), serve a rappresentare l’intera forma umana. E’ così che il suo rapporto con i classici prende la forma di un dialogo a tu per tu, tanto che nei Saggi si possono trovare frasi del tipo: ...Platone pensa che, ma io penso che…. Al centro di tutto c’è la nozione di esperienza (expérience) che nei Saggi è parola tematica. Mentre Montaigne parla di se stesso prendono forma tutte le qualità e tutti i difetti degli umani. Insomma, per dirla con Terenzio, Homo sum: nihil humani a me alienum puto, secondo il celebre verso che Montaigne farà incidere - insieme ad altre sentenze – su una trave della sua biblioteca. Comunque si vogliano configurare i Saggi e comunque si voglia tradurre questo termine, s’impone l’assonanza con Expériences, la parola che torna più spesso sotto la penna di Montaigne. Parallelamente essayer è il verbo che egli usa a più riprese e col quale inizia la parte da lui redatta in italiano del Giornale di Viaggio, proprio quando si trova, nel maggio-giugno 1581, ai bagni della Villa (…assaggiamo di parlare un poco questa altra lingua). I temi dei Saggi sono i più vari: dai più apparentemente banali ai più alti, dai più personali ai più tipici degli uomini. Avviene così che vi si trovano distese trattazioni delle caratteristiche più diffuse tra gli umani: tristezza, ozio, bugia, opinione, paura, immaginazione, moda, solitudine, vanità, parsimonia, astuzia, incostanza, affetto, crudeltà, presunzione, viltà, collera, utilità, onestà, pentimento, ecc.. Ma anche veri e propri trattati sui temi centrali della vita: azione e intenzione, consuetudine, educazione, vita e morte, amicizia, diversità, ineguaglianza, coscienza, giudizio, ragione, virtù, gloria ecc. A tutti potrebbe accostarsi, nel titolo, la parola esperienza: l’esperienza dell’amicizia, l’esperienza dell’educazione, l’esperienza della diversità… e non si andrebbe molto lontano dalle intenzioni di Montaigne. Se si volesse dare un’immagine complessiva dei Saggi si potrebbe, forse, ricorrere alla celebre metafora freudiana del cristallo: Se gettiamo per terra un cristallo, questo si frantuma, ma non in modo arbitrario: si spacca secondo le sue linee di sfaldatura in pezzi i cui contorni, benché invisibili, erano tuttavia determinati in precedenza dalla struttura del cristallo. Questo cristallo che sono gli Essais ha le sue linee di sfaldatura, ha i suoi pezzi (solo apparentemente affastellati) che seguono, in realtà, la propria struttura fondamentale: l’esperienza umana.
IL GIORNALE DI VIAGGIO
Nel 1774 esce per la prima volta, edito da Meunier de Querlon, il Journal de Voyage. Nella Correspondance littéraire” Grimm e Diderot lo annunciano subito, confermandone autorevolmente l’attribuzione. Quattro anni prima, attraversando il Périgord per scriverne la storia, Don Prunis lo aveva scoperto, manoscritto (un in-folio di 178 pagine), nell’archivio della biblioteca del castello di Montaigne. Il 1774 segna, dunque, la data di origine della lunga vicenda editoriale del Journal
(il manoscritto, tra l’altro andò perduto), ma il 1774 non è soltanto una data post quem, è anche una data ante quem, nel senso che prima di allora del Journal non si ha alcuna notizia. Nella seconda edizione degli Essais (1582), posteriore al viaggio in Italia, non mancano riferimenti o allusioni ai luoghi visitati, alle esperienze compiute, alle convinzioni maturate, ma il Journal non è mai ricordato. Nel capitolo XXXVII del II Libro, in particolare, Montaigne parla dei suoi viaggi e delle città termali frequentate per la cura del mal della pietra: in quel saggio (Della rassomiglianza dei figli ai padri) si trova compendiato tutto quello che nel Journal è puntigliosamente registrato giorno per giorno, se non addirittura ora per ora. Questa specie di diario medico conferma che il testo inedito è un taccuino personale dove capita di registrare le proprie impressioni così come si avvertono sul momento: all’ impronta, senza ripensamenti o limature di sorta.
Ciò che spiega perché lo lasciò sepolto tra le sue carte, come canovaccio strettamente personale, da cui trarre alla bisogna osservazioni ed idee per i testi destinati alla pubblicazione: i suoi Saggi, appunto. Ma suona anche conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, della sua autenticità, tagliando alla radice tutti i dubbi sull’attribuzione avanzati al momento della sua scoperta e della sua prima pubblicazione.
Una parte dell’originale era redatta in “italiano”: questa, certamente, di pugno di Montaigne. Un’altra parte - nella quale si parla di Montaigne in terza persona – dovette essere scritta direttamente dal segretario che l’accompagnava nel viaggio, almeno fino a Roma. Ma più spesso, probabilmente, il segretario scrive sotto dettatura del suo signore, così come allora era d’uso: un uso che Montaigne stesso ricorda all’inizio di quel medesimo capitolo sopra ricordato (“Un valletto che mi serviva a scriverli sotto dettatura….”).
Il Jounal de Voyage en Italie par la Suisse et l’Allemagne en 1580 et 1581 - questo il titolo integrale - segue fedelmente l’itinerario del viaggio che si snoda fra il 5 settembre 1580 e il 30 novembre 1581, quando l’Autore torna al castello di Montaigne, per assumere la carica di sindaco di Bordeaux, che gli era stata notificata il 7 settembre 1581, mentre si trovava per la seconda volta ai bagni della Villa. C’era già stato una prima volta dal 7 maggio al 21 giungo 1581 e vi era ritornato,
la seconda volta, dal 14 Agosto al 12 settembre 1581. Montaigne si trattiene particolarmente a Venezia, a Ferrara (dove va a visitare il Tasso), a Roma (dove è ricevuto dal papa Gregorio XIII e dove gli viene conferita la Cittadinanza onoraria) a Firenze, a Pisa, a Lucca. Nel III libro degli Essais - interamente scritto dopo il viaggio e aggiunto ai primi due nell’edizione del 1588 - si legge (Capitolo IX):
Il viaggiare mi sembra un esercizio giovevole. L’anima vi si esercita continuamente notando le cose sconosciute e nuove; e non conosco cosa migliore, come ho detto spesso, per a formazione della vita, che presentarle continuamente la diversità di tante altre vite, opinione, usanze, e farle assaggiare una così continua varietà di forme della natura.
Le sue proprie annotazioni, nel Viaggio in Italia, si muovono, sostanzialmente, in quattro direzioni.
Vi si trovano osservazioni sull’aspetto più propriamente paesaggistico (con una particolare attenzione ai giardini che gli capita di visitare).
Altre osservazioni attengono all’aspetto che oggi diremo culturale (usi e costumi dei luoghi che incontra).
Non mancano considerazioni generali di varia umanità, alla maniera dei Saggi, a partire dagli eventi particolari che gli accadono o di cui è testimone. Non ultima, vi compare, infine, la sua condizione di malato, alle prese con i medici che incontra e con le cure che gli vengono proposte. Quando, sempre nel capitolo degli Essais sopra ricordato, a proposito dei medici, Montaigne scrive: E non saprebbero fornirmi proposizione alla quale non possa opporne una contraria di ugual forza, ha, probabilmente, in mente i due trattati sui bagni della Villa del Franciotti e del Donati, sulla cui contraddittorietà Montaigne si sofferma nel diario. Se si volesse un’immagine complessiva del Journal de Voyage, ed in particolare delle pagine relative al soggiorno ai bagni della Villa, si potrebbe, forse, ricorrere alla celebre metafora del retrobottega, per quanto in un senso diverso da quello che è usato nei Saggi.
Anche il Giornale è un luogo tutto suo, assolutamente autonomo, ove conservare la sua libertà, avere il suo più importante rifugio, godere della sua solitudine.
In questo retrobottega del Viaggio trova il suo posto anche quel personalissimo taccuino della salute che occupa non poche pagine del Journal.
Non destano più meraviglia allora - allogati come sono nel retrobottega – quei dettagli ossessivi della sua giornata di malato che potrebbero anche risultare sgraditi o sgradevoli.
Quelle pagine rappresentano, in realtà, il segreto di Montaigne, che Don Prunis ha - forse impietosamente - svelato.
Sono pagine che mettono a nudo anima e corpo, che trascrivono il soliloquio doloroso, talvolta rabbioso, di un uomo in preda a una grande souffrance. Pagine che possono anche farci sorridere, non senza, però, un senso di condivisione e di solidarietà.
Significativa, a questo proposito, per fare un solo esempio, la descrizione della nottata del 4 settembre 1581, trascorsa in compagnia di un acutissimo mal di denti che solo l’acquavite datagli da uno speziale, chiamato nottetempo, riuscì in parte a lenire: una notte che fu veramente rabbia e furore. Gran parte delle pagine dedicate ai due soggiorni ai bagni della Villa, più che il giornale di un viaggiatore, rappresentano, piuttosto, la memoria di un malato attento a tutte le procedure di cura che egli usa più a sua discrezione che secondo le indicazioni dei medici.
Pagine che quasi configurano un Saggio a parte: certamente la registrazione di un’expérience. Ma Montaigne era troppo dignitoso per voler far conoscere agli altri, assieme al suo dolore, la sua rabbia e il suo furore. Noi dobbiamo scorrere benevolmente queste pagine private, senza mai dimenticare che non erano destinate alla pubblicazione e, soprattutto, senza assumere l’atteggiamento di chi si mettesse ad origliare il suo soliloquio, nascosto dietro l’uscio della sua stanza nella quale, a sera, era solito annotare il resoconto della sua giornata.